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Fanfiction

Il Sapore del Ferro [IronFrost]

  • Immagine del redattore: Martiverse
    Martiverse
  • 21 set 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 27 set 2017

Prima pubblicazione: 22/09/16 (su EFP)

[...] Il sangue per Tony era sempre stato un effetto collaterale dello sperimentare, uno di quelle controindicazioni scritte in piccolo sulle scatole dei medicinali per il mal di testa. Era la conseguenza diretta della sua maledetta curiosità. Proprio per questo motivo qualcosa nella sua testa gli aveva suggerito che studiare Loki sarebbe stata una buona idea, poiché non era possibile che nel cervello di Tony Stark rimanesse qualche punto di domanda che non fosse seguito da una spiegazione. Solo che aveva fatto male qualche calcolo. [...]

Tony conosceva il sapore del ferro. Ne aveva studiato la composizione chimica, le proprietà, la malleabilità e un’altra miriade di dati che lo avevano aiutato a forgiare questo o quel pezzo dei più disparati marchingegni. Ma il sapore, l’odore forte che otturava le narici… quelli li aveva imparati senza leggere alcunché. La prima volta che aveva assaggiato il ferro era stato quando, da bambino, era inciampato nella fretta di trasportare uno dei suoi plastici nell’ufficio di suo padre ed era atterrato di denti sulla centrale elettrica che aveva progettato. Il labbro inferiore gli si era strappato, la pelle tirata da un palo della luce in miniatura, ed il sangue gli aveva invaso la bocca facendogli diventare rossi i denti. Parevano la polpa chiara che è appena visibile al di sotto della buccia di una mela matura. Le gocce del suo sangue erano piovute tra le minuscole strade come una rossa grandinata apocalittica, macchiando le piccole persone di plastica, gli alberi con le chiome di muschio ed il prato in fibra sintetica. Sua madre l’aveva consolato per tutta la serata, ma Tony era rimasto arrabbiato per mesi con quella centrale elettrica macchiata di rosso. Poi aveva perso il conto di quante volte il sapore del sangue gli aveva invaso la bocca, facendogli sputare sul pavimento grumi di saliva sporca. Ormai vi aveva fatto l’abitudine, era quasi un sapore di routine. Era il gusto consequenziale ad un calcolo sbagliato che lo portava a calibrare male qualche marchingegno, che, puntualmente, riusciva sempre a colpirlo sulla faccia. E poi chi la sentiva, Pepper, se finiva a tenere le sue interviste con un occhio nero ed un labbro spaccato a metà? Ma era anche il sapore della battaglia, della giustizia, di un colpo che lo spediva con tutta l’armatura a baciare un muro. La cosa si faceva anche complessa perché era difficile perdere sangue dal naso ed istintivamente portarsi una mano al viso per fermare l’emorragia… solo per far sbattere il guanto metallico della sua armatura contro un viso altrettanto metallico, anche se ammaccato. Il suo problema era che non imparava mai. O meglio, imparava molto alla svelta, ma decideva allo stesso modo di ignorare una serie di fatti molto importanti solo perché non gli stavano bene. Anthony Stark era uno di quegli uomini che si cuce addosso la realtà come una costosa camicia di sartoria, che plasma il mondo e gli eventi in modo tale che girino nella direzione da lui voluta. Lo si poteva quasi definire un moderno Copernico, solo che invece che scoprire la rotazione del globo, l’aveva direttamente frizionato abbastanza alla svelta da dargli la spinta per girare. Quindi non aveva mai tenuto conto di tutte le volte che aveva assaggiato il proprio sangue. Non possedeva l’istintivo e plausibile pensiero razionale che gli avrebbe potuto far dire “Va bene. Questa volta ho ricevuto un pungo in faccia. La prossima volta sarà meglio che eviti di finire in un conflitto simile” ma piuttosto la determinazione ribelle che lo spingeva a pensare “Perfetto. Questa volta ero impreparato, ma la prossima avrò la faccia coperta ed un pugno più grande dalla mia parte”. Il sangue per lui era sempre stato un effetto collaterale dello sperimentare, uno di quelle controindicazioni scritte in piccolo sulle scatole dei medicinali per il mal di testa. Era la conseguenza diretta della sua maledetta curiosità. Proprio per questo motivo qualcosa nella sua testa gli aveva suggerito che studiare Loki sarebbe stata una buona idea. Che il suo poter cambiar aspetto era decisamente interessante ed altrettanto inspiegabile, e non era possibile che nel cervello di Tony Stark rimanesse qualche punto di domanda che non fosse seguito da una spiegazione. Solo che aveva fatto male qualche calcolo. Niente di grave, perché comunque poteva sempre ricalibrare… Bastava premere un pulsante di reset, o cose così, ed in questo caso il tasto di riavvio era stato un morso ben assestato sul labbro inferiore del Dio dopo che Pepper –perché fino a due secondi prima poteva giurare che quella fosse Pepper, ma un attimo dopo si era reso conto che stava stringendo tra le dita dei capelli neri- l’aveva spinto contro il muro e l’aveva baciato scalfendogli il labbro inferiore con i denti. La cosa assurda è che l’orgoglio di Tony era perfino più importante della sua razionalità, perché prima di realizzare d’essere appena stato baciato, si complimentò con se stesso per avergli reso pan per focaccia. Loki rise portandosi una mano alla bocca, e Tony vide che dal suo labbro stava gocciolando del sangue. Tuttavia non aveva il colore purpureo e ferreo del rosso vivo, ma era un rivolo d’un azzurro quasi latteo; pareva il colore assurdo e iper-saturato dei ghiacciai siberiani. “Sei più lento di quanto si dice a renderti conto delle cose, Anthony Stark” ghignò Loki, ed era evidente che stesse aspettando una qualche reazione in risposta. Quant’era tipico da parte sua! Affondare il coltello nella piaga e ruotare la lama alla ricerca di una qualche risposta, tentando di ferire e destabilizzare. Ma i baci per Tony erano un po’ come il sangue: incidenti di percorso in interessanti esperimenti. Fece spallucce e si passò il pollice sul labbro offeso, macchiandolo di rosso come il suo vecchio modellino. Assieme al gusto del ferro vi era mescolato un po’ di quell’azzurro sapore estraneo… e Tony a volte cambiava il suo vocabolario e tornava quel bambino bizzoso che voleva fare a pezzi il proprio plastico. “Almeno io non ho il sangue che sa di antigelo” rispose, lasciando Loki più destabilizzato di quanto non avrebbe dovuto esserlo lui.


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