top of page

Fanfiction

Heartless Doll [Akuroku]

  • Immagine del redattore: Martiverse
    Martiverse
  • 21 set 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 27 set 2017

Prima pubblicazione: 26/12/09 (su EFP)

Roxas sembrava una bambola. Una di quelle da collezione con le guance rosse ed i capelli come l’oro puro. Aveva pensato di essere felice. C’aveva sperato davvero. Si era illuso, come sempre…dopotutto come poteva provare un sentimento…?

Aveva pensato di essere felice. C’aveva sperato davvero. Si era illuso, come sempre…dopotutto come poteva provare un sentimento…? Eppure era sempre stato tutto così magnifico…

Roxas sembrava una bambola. Una di quelle da collezione con le guance rosse ed i capelli come l’oro puro. Quegli oggetti che si comprano perché nel negozio sono i più belli e poi, arrivati a casa, ci si rende contro che è stato un acquisto inutile ma prezioso e si ripone sul comodino più alto in modo tale che non si sciupi. Axel aveva sempre avuto paura di romperlo. Spezzare un illusione ancora una volta, perdere di nuovo quello che credeva fosse ormai diventato il suo cuore. Tornava ad averlo, in compagnia di Roxas. Semplicemente ci sperava così tanto da credere alle sue stesse bugie. Ma la bambola era così bella e nonostante la paura di scheggiarle quel corpo di ceramica perfetto Axel la tirava giù dal suo piedistallo per giocarci una volta, un'altra ed un'altra ancora. Stringeva le mani tra le sue, gli baciava gli zigomi di ciliegia e ne assaporava il gusto con la lingua. Ne torturava il collo freddo fino a farlo scaldare, toglieva quegli abiti con la cura maliziosa che si riserva solo ai migliori pezzi da collezione. Li ripiegava piano ascoltando il fruscio delle vesti misto all’ansimare della sua bambola così fragile e così splendida. Guardava il suo corpo scoperto, liscio e chiaro, esattamente come la porcellana. Non era lucido e gli piaceva passarci la lingua così tante volte da farlo diventare come desiderava. Passava le mani tra quei fili biondi come il grano sotto il sole lisciandoli e poi tirandoli, spingendo la sua testa ovale verso il basso senza fretta. Allora al sua bambola si muoveva, come a comando. Le sue labbra rosse si schiudevano appena ed Axel, come ogni volta, ringraziava il cielo di aver portato Roxas al castello. Di aver raccolto la piccola bambola sperduta in fondo ad uno scatolone vuoto…ed avergli reso la vita… Faccia da angelo ed anima da demone, questo era Roxas. Per questo ad Axel piaceva da morire. Perdeva il controllo quasi ogni volta. Non si curava più della delicatezza del suo giocattolo e lo rovesciava sul letto facendo sfregare i due corpi, petto contro petto. Fissava quegli occhi di vetro sempre spenti ed annebbiati, persi in chissà quali pensieri oltre la linea dell’universo. Era difficile far cambiare espressione ad una bambola…ma Axel per un momento ci riusciva. Affondava in quel corpo ed il suo pupazzo strizzava gli occhi e si lasciava sfuggire un gemito sommesso…. …ed infine la parola che gli faceva perdere definitivamente la ragione… “…Axel…” il suo nome in un ansito. Solo in quel momento gli afferrava le ginocchia con forza e gli spalancava le gambe spingendosi a fondo, sempre di più. Ridava la vita a quel corpo statuario di ceramica morto dentro, dall’anima persa. Lo sentiva stringergli le braccia e graffiargli la schiena emettendo dei gemiti disperati di puro piacere. Poteva percepire ogni muscolo del suo corpo contrarsi ed allentarsi ritmicamente, i suoi piedi che li strusciavano insistenti contro i fianchi prima di legarsi dietro la sua schiena. Inarcava il dorso e chiedeva di più cercando di ottenere tutto il più in fretta possibile. Axel non gli dava mai la soddisfazione di vincere; dopotutto lo spettacolo lo controlla il burattinaio, non la marionetta. Perciò lo spingeva di nuovo sulle coperte e gli baciava il viso. Tornava a carezzargli i capelli…sussurrargli parole dolci e nostalgiche all’orecchio prima di mordicchiarli il lobo con lentezza. Con le mani scivolava sul suo petto a giocare con i suoi capezzoli, bottoni su un corpo di pezza. “Di Kingdom Hearts…” gli ansimava baciandogli il mento e poi mordicchiandoli la giugulare “…nh…non me ne frega niente. Il mio cuore sei tu, Roxas.” Si fermava e gli afferrava il mento con entrambe le mani e sempre si guardavano con le bocche troppo vicine e troppo lontane, gli ansiti mischiati in un solo sospiro. “Lo sai, Roxas?” E la sua bambola arrossiva distogliendo lo sguardo, taciturna come se fosse muta. I suoi occhi tornavano di vetro e la sua anima scivolava via fino a che Axel non si rituffava nel profondo del suo corpo a ripescarla e riportarlo in vita. Funzionava così Roxas: Axel era la sua batteria. Mentre Roxas, Roxas era il suo cuore… Entrambi, se mancano, portano alla morte…ma solo un cuore prova veri sentimenti…le batterie si buttano e si cambiano.

“Me ne vado” Quando Roxas l’aveva detto Axel si era sentito usato. Aveva deciso di gettarlo via, liberarsi di lui una volta per tutte… …di allontanarlo dal suo stesso cuore… …il loro piccolo, unico cuore… “Cosa?” aveva chiesto lentamente. “Me ne vado” aveva ripetuto Roxas con una calma esasperante “Me ne vado e non tornerò, Axel. Cerco risposte, restando qui non ne avrò mai…” “No!” Axel aveva urlato e Roxas si era zittito “No, no, NO! Tu non puoi!” Gli si era scagliato contro con furia, afferrandolo per il collo e sbattendolo contro la parete. La bambola non aveva reagito, inanimata. “Non puoi andartene” lo minacciò Axel in un singhiozzo “Non puoi lasciarmi da solo…sei il mio cuore, ricordi? Io…io non posso farcela senza!” “Tu non hai un cuore, Axel…” Bambola senz’anima, senza emozioni. Si era arreso al fatto di non poter avere quello che bramava ed aveva smesso di fingere…come Axel si ostinava disperatamente a fare. Il numero otto rivoleva il suo cuore…per il tredici era indifferente. …ferì Axel, che sia cuore corpo o anima è indifferente, era solo una sensazione di vuoto opprimente che gli fece mollare la presa sul collo di Roxas. “Addio, Axel.” Forse gli aveva dato troppa vita, così tante speranze che la bambola era riuscita a tagliare i fili che la legavano al suo burattinaio. Forse non era mai stata legata, ma il burattinaio era così cieco da credere che ogni suo movimento dipendesse da lui e dal suo amore. Aveva pensato di essere felice. C’aveva sperato davvero. Si era illuso, come sempre…dopotutto come poteva provare amore, un sentimento…?

Stupido, stupido burattinaio. Controllato dalla bambola vuota. Che credevi di aver creato. Ma era il burattinaio ad essere il vero pupazzo. Di questo perverso gioco. Che hai perso.



Comments


bottom of page