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Fanfiction

Sangue di Melograno [AkuRoku]

  • Immagine del redattore: Martiverse
    Martiverse
  • 21 set 2017
  • Tempo di lettura: 10 min

Aggiornamento: 5 feb 2018

Prima pubblicazione: 31/10/16 (su EFP)

Au! setting egitto antico

[...] Sforzandosi poteva ancora sentire l’odore dolce del frutteto dove l’aveva incontrato la prima volta, quando con quelle sue dita zuccherine aveva aperto una melagrana a metà e gli aveva offerto i suoi chicchi... ma Roxas era solo un piccolo chicco tentatore, un chicco sterile e terribilmente gustoso. [...]

Quando gli baciò il collo la pelle di Roxas aveva sempre la solita consistenza. Se si sforzava poteva ancora sentire l’odore dolce del frutteto dove l’aveva incontrato la prima volta, quando con quelle sue dita zuccherine aveva aperto una melagrana a metà, offrendogli i suoi chicchi. Era così fertile quel frutto rigonfio di vita, così rosso e succoso… Axel era smontato di cavallo per accettare quel dono già suo dalle dita del piccolo schiavo. L’immagine di quel ragazzino gli ricordava lo stemma del suo regno: il leone dorato che stringe tra i denti un ramo coi fiori del melograno. Aveva la stessa criniera bionda e scompigliata… era d’un innocenza così pura che Axel ne rimase subito colpito. Più che uno schiavo sembrava uno dei musicanti in procinto di iniziare il loro apprendistato ai templi, non aveva il fisico prestante d’un lavoratore né l’altezza adatta a cogliere i frutti. Eppure là stava, ai piedi i sandali di sughero e con indosso nient’altro che la sua tunica di tela lisa. Non aveva catene a vincolarlo in quel luogo, ma tutti nel regno erano legati ad Axel da quel rapporto di schiavitù, costretti a sottostare alla sua alta carica nobiliare. Fossero essi scribi, mercanti o semplici raccoglitori… ognuno lavorava per lui e devolveva la sue energie per far fiorire il regno. Bastava un esercito ad ogni confine per assicurare ordine, pace ed un lussureggiante commercio. Quando Axel gli aveva lambito le dita con la lingua, il ragazzino aveva abbassato lo sguardo ed era arrossito… il suo respiro si era fatto più veloce. Axel aveva sorriso biecamente nel guardarlo. Quel piccolo schiavo si era forse già pentito della sua decisione d’avvicinarlo? Una cosa era certa… ormai aveva conquistato del tutto l’attenzione del suo re. La benda stretta tra le sue labbra non impediva a Roxas di fare rumore. Sbuffava come un toro, tirando lunghi e pieni sospiri. Axel riusciva a vedere i suoi denti stringersi contro la stoffa e le sue piccole labbra carnose contrarsi disperatamente. Avrebbe potuto anche urlare, ma nessuno sarebbe venuto ad interromperli. Il silenzio che li circondava era quasi innaturale, aveva un che di inquietante… Non aveva messo alcuna guardia davanti alla porta e la notte era la loro unica testimone… non una voce a spezzare la quiete, nessun passo in corridoio… Il vento filtrava appena attraverso la finestra, scompigliando i veli attorno al letto a baldacchino. Axel posò un altro bacio sul collo di Roxas, poi gli morse la giugulare sentendo il suo lamento vibrargli tra le labbra, squassando le corde vocali sotto la pelle. Come osava protestare?! Come poteva anche solo permettersi di farlo, dopo tutto quello che aveva fatto?! “Tu sapevi che sarebbe finita così…!” gli ringhiò Axel ad un palmo dal viso, sputandogli addosso tutta la sua ira “Lo sapevi perfettamente!” Afferrò le sue magre gambe abbronzate e gliele piegò addosso fin a fargli battere le ginocchia con i lati del petto. Era oscenamente esposto adesso, con le sue piccole natiche rotonde così in bella vista ed il suo sesso reclinato sullo stomaco. Non somigliava per niente al Roxas che aveva amato di nascosto tra gli alberi di melograno. “Siete tornato ancora…” Roxas l’aveva mugolato tra le sue labbra, mente le mani di Axel si infilavano sotto la sua tunica ed andavano a carezzargli il petto. Non era la prima volta che si ripresentava nel frutteto, ma Roxas se ne sorprendeva sempre… Sembrava quasi che pensasse di non meritare tanta attenzione. In fondo chi era lui se non un semplice schiavo? Sora aveva un viso più bello del suo, Hayner un corpo più forte… eppure il suo sovrano tornava sempre a cercare i suoi capelli dorati, tra i fiori e i frutti succosi del melograno. Ed era così lusingato di piacergli tanto… si sentiva così maledettamente onorato! Ogni sera andava a dormire pensando al giorno in cui gli aveva offerto quei chicchi rossi come il sangue… al modo in cui quel re così inavvicinabile era sceso di cavallo per lui e gli aveva circondato le dita con la bocca… solo il ricordo del calore della sua gola lo faceva eccitare. Roxas mugolò di piacere quando il sovrano gli baciò il collo trattenendogli i polsi sopra la testa, mentre la sua altra mano scendeva a massaggiare la pelle tra le gambe. I suoi anelli d’oro erano così freddi, ma i brividi che lo scossero furono solo ondate di calore. Adesso i suoi polsi erano stretti in catene, ora era un vero e proprio schiavo. Axel li aveva legati insieme con una corda di juta ed aveva tirato i nodi fino a che la pelle non si era fatta rossa. Roxas portò le mani congiunte in basso, cercando di frapporle tra sé e il corpo del suo assalitore, ma Axel si spinse ancora una volta in lui facendogli inarcare la schiena di scatto. Non c’era amore nei suoi gesti rudi e veloci, solo una furia tagliente e distruttiva. Invece che corteggiare il suo corpo con baci e carezze gli stava dando battaglia con affondi diretti e decisi, come colpi di spada. Il pomo d’Adamo di Roxas ebbe uno scatto secco, sintomo d’un singulto, ed Axel lo sentì gemere attraverso la stoffa. “Spero che tu stia soffrendo” gli ringhiò “questo è tutto ciò che meriti!” “Tu lo meriti, Roxas!” Il suo re non gli parlava quasi mai. Spesso lo raggiungeva nel frutteto senza una parola e tra loro vi erano solo intensi scambi di sguardi e carezze. Lo capiva come nessun’altro, riusciva a leggere nelle sue iridi verdi un amore sconfinato… così profondo che Roxas spesso dubitava fosse reale. Come poteva essersi invaghito di lui, che non era altro che uno schiavo? Non era una bella principessa che gli avrebbe potuto dare eredi, non aveva la fertilità dei melograni. Era solo un piccolo chicco tentatore, un chicco sterile e terribilmente gustoso. Roxas scosse la testa e cercò di arretrare, ma Axel gli strinse le mani attorno al viso ed incatenò lo sguardo al suo. “Ascoltami…ascoltami, ti prego!” …ma non poteva credere alle parole che il suo re stava dicendo. Sembrava tutto così folle e la testa gli girava per l’emozione… gli stavano salendo le lacrime agli occhi per il panico. “Io…” balbettò “Io… non posso, mio signore. Non potrei mai farlo…” “Perché?” chiese Axel. Aveva la voce della disperazione, il tono di uno a cui stanno strappando il cuore dal petto. Roxas soffriva terribilmente a doverlo deludere così. Oh, come avrebbe voluto dargli retta e gettarsi tra le sue braccia. Quando gli sarebbe piaciuto poter dire di sì! Ma come poteva quel re chiedergli di prendere il posto sul trono accanto al suo? A lui! Un misero schiavo, un ragazzino le cui dita non avevano mai sfiorato altro oro se non la ricchezza dei chicchi di melograno. Come poteva chiedergli di seguirlo e renderlo colpevole del declino del suo regno? Non avrebbe mai potuto essere una regina, nonostante per lui avrebbe voluto far qualsiasi cosa! L’eredità della famiglia reale si sarebbe conclusa con la scelta sbagliata del suo sovrano e non ci sarebbero stati nuovi principi per il castello… nessun erede a portar avanti il regno. Come poteva essere così sconsiderato da voler gettar tutto al vento per amore?! Chiuse gli occhi tra le mani calde di Axel e sentì le lacrime bagnargli il viso. “Vi prego…” implorò “Non voglio essere la vostra rovina…” Riusciva a sentire la tensione nel corpo di Roxas, i suoi muscoli contratti ed i singulti nel suo petto. Le cosce strette tra le sue mani erano fasci di nervi e spasmi, ma di certo non l’avrebbe convinto a dargli tregua. Voleva ucciderlo, raggiungere il suo punto più interno e martoriare il suo corpo fino a spezzarlo. Voleva farlo piangere fino a fargli esaurire le lacrime e seccare la gola! Ah, il maledetto! Con quale facilità l’aveva ammaliato… quante false speranze gli aveva dato per poi tradirlo alla prima occasione! Ma l’avrebbe pagata! L’avrebbe scontata fino all’ultimo respiro. Quel corpo delicato… quei fianchi femminei e quei capelli dorati… lui, il più fragile tra tutti gli schiavi, era stato la rovina di un re. “Almeno vieni a palazzo con me” implorò Axel “Sarai il mio cortigiano. Dividerai la mia stanza e mi potrai servire…” Roxas fu scosso da un altro singhiozzo, incapace di fermare le lacrime. Il re aveva ancora le mani strette attorno alle sue guance ed il suo tocco era così morbido, così calmante. Oh, se non gli avesse mai offerto quel melograno! …ma come avrebbe potuto vivere senza di lui? Il suo unico desiderio era vederlo felice… e tremava di gioia al sol pensare che era lui stesso la causa della sua letizia. Poteva forse deluderlo ancor di più, rifiutando un offerta così generosa? Tirò su con il naso ed abbassò lo sguardo a terra, sentendo il cuore battergli forte nel petto. Lo amava così tanto…! “Va bene…” mormorò con un fil di voce “Verrò con voi a palazzo, se questo è quello che desiderate…” Adesso il palazzo era vuoto e silenzioso. Vi era solo lo schioccare dei loro bacini ed il ringhiare di Axel, così grottesco ed adirato. “Era questo quello che volevi, no?!” gli urlò “Hai avuto tutto quello che avevo accettato nel nostro patto! Sarai fottutamente felice, no?!” Spinse in basso le sue gambe sulle lenzuola, costringendo il suo corpo a contrarsi, tremando. Riusciva a vedere quel piccolo petto abbassarsi ed alzarsi freneticamente, i nervi tesi del suo collo contratto. Avrebbe voluto stringergli le mani introno alla giugulare e soffocarlo, sentire il suo fiato uscire spasmodicamente da quelle labbra rosse come il melograno! Ma non ci sarebbe mai riuscito… non con lui… non con lui… Si piegò completamente su Roxas, schiacciandolo con tutto il peso del suo corpo, spingendosi in lui con il desiderio di farlo soffrire. …e lui lo accontentò, come da copione. Gemette nella benda stretta tra i suoi denti e passò le braccia legate attorno al collo di Axel, posandogli i polsi sulla nuca e tirando la sua testa più in basso. Lo abbracciava. Axel sentì lacrime di rabbia premergli nelle palpebre. Il proprio respiro affannoso gli riempì le orecchie e si sentì tanto debole di fronte a lui. Strinse una mano attorno alla benda e gliela strappò dalle labbra con rabbia, graffiandogli una guancia con le unghie. “Voglio sentirti gridare” ordinò, furioso “Voglio sentirti piangere e implorare il perdono per tutto quello che hai fatto. Voglio che tu soffra come nessuno ha mai sofferto in questo mondo…” Roxas prese aria ed il suo petto si gonfiò. Dalla sua gola salì un sibilo che si trasformò in fretta in una gorgogliante risata, un rumore terribilmente grottesco. “Credi di potermi fare soffrire quanto tu hai sofferto?” chiese, poi la sua risata si fece sguaiata “Non sei neanche vicino al farmi del male… né mai ci riuscirai… non è colpa mia se tutto quello che hai chiesto ti ha portato a questo. Io ho solo accettato la tua proposta…” La rivolta era arrivata un giorno, senza che ve ne fosse mai stato segno. Ovviamente tra gli schiavi i piani erano passati di bocca in bocca, ma tutto era avvenuto lontano dalle orecchie delle guardie e dei padroni. In meno di due giorni tutto il regno era stato messo a ferro e fuoco. Le dispense erano state saccheggiate, le barche date alle fiamme… Axel aveva assistito impotente allo scivolar via del proprio dominio e non era riuscito a far niente per placare gli animi ribelli. Per questo aveva aperto il cofanetto d’oro dei reali e vi aveva versato all’interno il sangue di un melograno… Roxas era a suo fianco, preoccupato. Adesso indossava una tunica di seta ed i suoi sandali erano di cuoio, cuciti apposta per lui. La raffinatezza gli si addiceva molto di più ma non poteva far a meno di ricordare le proprie origini. Erano i suoi compagni che combattevano per le strade… quelli che erano stati i suoi fratelli e i suoi amici… Improvvisamente il succo rosso nel contenitore si increspò come se vi fosse stato fatto rimbalzare sopra un sasso. Vibrò, simile a corde vocali e dallo scrigno d’oro di alzò una voce inumana, come il sibilo sinistro d’un serpente. “Che cosa desideri?” aveva chiesto la Voce, ed ogni parola faceva tremare la superfice del sangue di melograno. Axel aveva fissato Roxas per un attimo ed aveva letto il terrore nei suoi occhi. Nessuno al di fuori della famiglia reale conosceva la magia dello scrigno che li aveva portati ad ottenere il potere… Suo padre, il padre di suo padre… tutti avevano chiesto un favore alla sua magia. Ovvio che Roxas ne fosse spaventato, ma questo non era il momento per tirarsi indietro. “Desidero che nel mio regno torni la pace” chiese Axel, deciso “Voglio che ogni battaglia si concluda e non vi sia più alcun motivo di litigio.” “Se il prezzo sarà il tuo cuore, allora sul tuo regno cadrà per sempre la pace” rispose la Voce. Axel sfoderò il suo coltello d’argento e se lo passò sul palmo della mano, tagliando la carne. Il suo sangue si mescolò al rosso del succo di melograno… “Accetto la tua offerta” disse. Guardò il corpo nudo di Roxas, scosso da quella risata singhiozzante e tetra… e si rese conto di aver perso. Non avrebbe mai potuto ucciderlo… non sarebbe mai stato capace di fargli davvero del male. Non a lui. Non a lui! Roxas si era alzato improvvisamente ed aveva spalancato le ante della finestra. Axel l’aveva creduto nel panico per l’accaduto… aveva pensato che avesse bisogno d’aria… ma poi lo vide stringere i pugni ed alzarli in aria lentamente, come se stesse sollevando un’enorme peso. “…Roxas…?” l’aveva chiamato, lasciando il cofanetto d’oro sul trono. Il succo era completamente seccato al suo interno ed aveva tinto di rosso tutte le pareti. C’era qualcosa che non andava. C’era qualcosa di strano. Il grido che si levò da fuori non fu uno solo, ma un coro di voci strazianti, lacerate dal dolore. “Roxas!” gridò Axel. Gli afferrò una spalla e lo tirò indietro solo per trovarsi specchiato in due occhi rossi come i melograni, che nulla avevano a che fare con quelli del ragazzo di cui si era innamorato. Il sangue gli colava dal naso e dalle orecchie e si passò una mano sulle labbra per asciugarlo. “Ho preso il tuo cuore” sorrise quell’essere con la sua voce sibilante “Adesso il suo corpo è il mio. Il patto è rispettato… mai più vi sarà una lite o una battaglia nel tuo regno…” Sfuggì dalle mani tremanti di Axel ed indicò con un braccio il panorama fuori dalla finestra “Regnerai sui morti… essi sono gli unici a rispettare la pace.” Axel si accartocciò tra le lenzuola, stringendosi le ginocchia al petto. Non vi era neanche il rumore dei grilli ad accompagnare la notte… non lo stridere delle civette. Solo silenzio… un silenzio così forte, così schiacciante. Roxas si mosse sulle lenzuola e si sedette compostamente, con un sorriso dipinto sulle labbra. Spaccò un melograno in due con le sue dita fini e ne osservò i chicchi alla luce di una candela, così simili al colore dei suoi occhi. In una metà affondò i denti macchiandosi la gola di rosso… l’altra la porse ad Axel, spezzando il silenzio con la sua risata inumana.



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